Forse in pochi sanno che il più simpatico ed universale capo di abbigliamento, il pantalone in tela di jeans, ha la sua origine a Genova. Perciò vi racconteremo brevemente la sua storia.
Documentati almeno fin dal 1500, esistono tre tipi di tessuto di ampio consumo e tinti di blu con l’indaco, un colorante naturale di provenienza indiana (da cui il nome): il “Bordatto ligure”, tessuto in cotone finemente quadrettato; il Denim, prodotto inizialmente nella città di Nimes, con trama in cotone ed ordito in lino, andamento obliquo delle fibre che successivamente, per economicità, divenne di puro cotone ; il “Fustagno di Chieri”, un più pesante misto di lana e cotone che veniva però tinto anche con
Antico arazzo su base di tela jeans ancora visibile nell’Oratorio di Calenzana in area di passato dominio genovese (Alta Corsica)
un colorante locale.
Il porto principale per il commercio e l’esportazione di questi tessuti blu, era e fu a lungo quello di Genova e, pertanto, per estensione, essi furono chiamati Bleu de Genes alla francese o Blue Genoa e poi, nello slang di Londra (ove erano ampiamente apprezzati ed usati fin dal 1500), o di New York (ove ricevettero nell’800′ il “battesimo” mondiale) , divennero Blue Jeans.
Tali tessuti sono estremamente resistenti e, specie quelli in cotone, isotermici, potendo riparare egregiamente da un vento freddo in inverno, senza far sudare troppo in estate. Insomma: una stoffa per tutte le stagioni e relativamente impermeabile. Così a Genova, per la comodità di avere a disposizione oltre che un basso costo una gran quantità di questo tessuto di cotone blu, vi si confezionava un pò di tutto: le vele delle navi ed i teli per coprire le merci, tendaggi e pantaloni da fatica.
Ma non solo.. Per chi si recasse a visitare il Museo Diocesano, scoprirà che i numerosi arazzi genovesi qui custoditi, che in questo caso sono di carattere religioso e che datano al 1500 circa, sono di tela Jeans, con pittogrammi a biacca. Ancora, in una mostra molto interessante che si tenne anni fa a Palazzo S. Giorgio, ove erano esposte manifatture in Jeans messe a disposizione da privati fra cui la stessa Levi Strauss, si potevano notare capi di vestiario originali liguri del XVI° secolo non solo da fatica ma per ecclesiastici (vescovi e preti), per le donne (gonne e corpetti) e per i bambini. Insomma, si capì che in realtà a Genova e Liguria in generale, il mondo non era un pò grigio (come voleva una celebre canzone francese) ma interamente blu indaco: il cielo, il mare, i vestiti della popolazione. Può anche darsi che sia stata proprio questa generale pennellata di blu sulla città di Genova ad averne coniato il nome.
Successivamente agli inizi dell’800′ cominciò un’esportazione del prodotto tessile grezzo anche in America, ove il commerciante Levi Strauss intuì le sue potenzialità commerciali e brevettò il pantalone in quanto tale a 5 tasche con rivettature in rame, nel 1873 su creazione del sarto Jacob Davis. Si aggiunsero poi altri storici marchi americani che tutti conosciamo ed il termine “Jeans” definisce ormai sia il pantalone di tipica fattura (in qualsiasi tessuto o colore) che la tipica tela blu (oggi sostanzialmente in denim di puro cotone).
Oggi il pantalone, la gonna, il giubbotto o la camicia nella tela in questione rappresentano non una divisa, come si pensò ai tempi delle grandi contestazioni degli anni 60′ e 70′, ma un semplice manifesto mondiale della praticità, dell’economia e del semplice vivere in libertà : peraltro, tre qualità che ben caratterizzano i Liguri.
Come Liguri dobbiamo essere fieri di aver contribuito alla creazione di tanto clichè; riconoscenti alla storia che ne ha relegato per sempre il merito parziale al nome della nostra città di Genova; consapevoli dell’importanza della nostra regione in tanti aspetti degli eventi internazionali, seppur spesso per naturali aspetti geostrategici. Ciò alla faccia dei soliti riduttivi “maniman” locali.
G.R.