Terminato il caldo estivo e con l’arrivo dell’autunno, Musica Oltre Confine presenta una band americana I GREEN ON RED con il loro quinto album “Scapegoats” del 1991.
Ci addentriamo nel suono scarno, desertico con influenze country e molto roots-oriented.
I 10 brani sul supporto sono quelli che, secondo il mio modesto parere, conferiscono all’album un 4 stelle e mezzo.
Il suono del precedente album “This Time Around” (1989) era troppo pulito e i Green on red decidono di cambiare per l’ennesima volta . Si recano a Nashville, dal leggendario Al Kooper, si proprio lui, per sottoporgli il loro nuovo copione western-oriented. Fra i tre nasce l’alchimia giusta.
Dan Stuart&Chuck Prophet (Green on Red) fanno piazza pulita circondandosi di nuovi musicisti. Infatti il lavoro che ne esce è un autentico capolavoro di american music ,che emana un fascino ed una bellezza ad oggi inalterata. Dan Penn, Spooner Oldham, Tony Joe White , sono i nuovi collaboratori e amici ,con una regia impeccabile del veterano Al Kooper. I Green on Red recuperano senso e fascino della loro anima crepuscolare ,realizzando un lavoro pieno di riferimenti al deserto, alle storie di confine e ad una certa letteratura noir, che ne ha sempre segnato il percorso artistico. Questo album è forse il loro lavoro più epico e cinematografico in assoluto, a tratti sembra davvero di essere catapultati in qualche pellicola western di serie B o in qualche scena carica di violenza e vietata ai minori di Sam Peckinpah.
Per chi non li conoscesse parliamo del suono, a tratti intimista e country-oriented ,che predomina l’intero lavoro, dando libero sfogo all’animo fuorilegge e crepuscolare della band ,atmosfere epiche e sonorità border, che in “This Time Around” con il suo rock “senza sbavature”, avevano tralasciato. E’musica out of time, fuori da ogni moda e da ogni corrente, paradossalmente proprio in un periodo (inizi anni ’90) dove il recupero delle tradizioni e delle radici sarebbe diventata la nuova tendenza del giovane rock provinciale d’America.
L’album si apre con la meravigliosa ballata “A Gu yLike Me” l’organo di Al Kooper ci rimanda al Dylan dei tempi migliori, la voce di Stuart finalmente serena e rilassata molto country-oriented. “Little Things In Life” secondo il sottoscritto,è uno dei capolavori dell’album, una ballata acustica dai forti sapori roots.Con il terzo brano “Two Lovers (waitin’ to die) si è improvvisamente immersi in una pellicola western,sole, vento e polvere, l’armonica sanguinante di Tony Joe White. Brano crepuscolari.. 5 stelle!
Arriva “Gold In The Graveyard” il brano elettrico dell’album , con chitarre elettriche molto rollingstoniane ,ma sempre ben definite, in una cornice di frontiera. Passiamo al quinto brano “Hector’s out” una ballatona lisergica un po’ atipica, in cui compaiono i sintetizzatori e gli arrangiamenti di Al Kooper. Altra ballata country è “Shed A Tear (for the lonesome)”, che ci riporta ai confini della musica roots.
Una ballata elettrica di buona fattura è “Blowfly”e a seguire un altro capolavoro ovvero “Sun Goes Down”, pezzo lento e carico di tensione, che ci rimanda alle classiche sonorità desertiche e crepuscolari della band. C’è spazio per un’altra traccia country “Where The Rooster Crows” con Spooner Oldham al piano e Dan Penn alla chitarra acustica. Conclude l’album “Baby Loves Her Gun” toccante e meravigliosa. Secondo il sottoscritto rimane ad oggi una delle ballate più belle che i Green on Red abbiano mai scritto.
La copertina dell’album è molto particolare… andate a scovarla. Abbiamo bisogno di questa musica.
(Lupo Solitario… da oggi mi firmo in lingua italiana)